X municipio, Ostia, una lingua di sabbia circondata dal mare, dal fiume Tevere e dalla pineta. I confini naturali la isolano geograficamente dal centro città; i mezzi di trasporto ne estendono la distanza in maniera spropositata e il traffico ne blocca completamente le arterie.
Chi cresce qui appartiene alla noia intervallata a qualche barlume, all’aria salata, agli aghi di pino, agli spazi ampi lasciati a sé stessi. I giovani, a mio avviso, sono i veri abitanti del quartiere, senza gli amici questo luogo non sarebbe lo stesso, mi dice Giorgia, sono gli abitanti che creano il luogo, stringendo legami personali e vivendo ogni strada e piazza come se fosse una grande casa.
Si crea un senso di appartenenza che a volte abbraccia e a volte respinge. L’incuria del municipio e degli stessi abitanti le danno una sembianza di città fantasma, ne parlo con Massimo e lui aggiunge: Se ne vanno tutti e questo lascia solo un vuoto incolmabile e desertico, vedo un vuoto sprecato che potrebbe essere riempito da qualcuno di diverso, se solo fosse possibile.